Un approfondito focus sulla denominazione Vesuvio Dop ha mostrato come, anche attorno al vulcano, le aree vinicole siano molto diverse tra loro
Visitare la Campania vinicola partecipando ad alcuni dettagliati approfondimenti sui differenti areali che la regione offre, rilascia, ogni volta, qualcosa di nuovo, di bello, di vivo.
Sabato 10 giugno giornata speciale dedicata ad un focus sui vini del Vesuvio Dop: ospiti della sede del consorzio a Sant’Anastasìa (con l’accento sulla i, come lo pronunciano i locali) vicino Napoli, una masterclass condotta dalla giornalista, wine critic e docente in materia, Chiara Giorleo, ha fatto luce sulla profonda diversità del territorio vulcanico, attraverso una mappa da cui si evincono le singole peculiarità delle aree vitivinicole del Vesuvio, evidenziando le variegate espressioni territoriali dei vini qui prodotti. Innegabile, oramai, come la zonazione sia uno strumento indispensabile per censire un areale e creare la carta di identità dei vigneti e, di conseguenza, dei vini che ne derivano.
C’è una premessa da fare: il Vesuvio, come lo conosciamo oggi, in origine non era così. Nel 79 D.C. una devastante eruzione distrusse Pompei, Ercolano e altri paesi, spaccando letteralmente in due parti il cratere dell’antico complesso del Monte Somma, tanto da creare due promontori, come li vediamo adesso: uno del Vesuvio e uno, appunto, del Monte Somma. A loro volta, entrambe le aree sono state suddivise in due sottozone ciascuna. Il Monte Somma, localizzato a est rispetto al vulcano, si divide in Monte Somma mare (zona di Sant’Anastasìa, Pollena Trocchia, Cercola, Massa di Somma, San Sebastiano) e Monte Somma terra (con i comuni di Somma Vesuviana, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano). Genericamente, le vigne poste in queste aree sono più influenzate dai venti interni provenienti dalle montagne (non scordiamoci che a 40 minuti di auto siamo in Irpinia, dove il clima cambia radicalmente rispetto alla costa, a causa alla presente degli Appennini e delle spiccate altitudini). I vini prodotti in queste zone interne richiedono quindi tempi di attesa più lunghi per il loro compimento. Il Vesuvio è anch’esso diviso tra “mare e terra”, ma qui il clima è mediterraneo e c’è l’ausilio del mare, per cui i vigneti qua ricevono anche l’influenza di venti caldi come lo Scirocco. Da queste aree marine arrivano quindi vini più pronti.
La recente revisione del disciplinare (2017) ha determinato l’aggiornamento di uve ammesse per la produzione di vini sotto la denominazione Vesuvio DOP. Va detto, però, che in questa area rimane ancora difficile aggiornarsi e seguire un percorso coerente di crescita e innovazione, vuoi anche perché tanti produttori spesso ancora oggi non sanno realmente che tipologie di uve abbiano in vigna: il Caprettone è confuso con il Coda di Volpe, quando un tempo si pensava fossero la stessa cosa e molti non riescono ancora a censire ufficialmente i propri vigneti.
Le principali espressioni di Vesuvio DOP le troviamo nel Lacryma Christi la cui versione bianca nasce principalmente da uve Caprettone o Coda di Volpe, Falanghina, Greco e altri autoctoni consentiti. La tipologia rosso, è rappresentata dal locale Piedirosso con aggiunta o meno di un saldo di Aglianico. Il Piedirosso è un’uva che chiede calore, cresce bene su terreni sabbiosi e asciutti ma tende alla riduzione e ad una sensazione verde. La nota salina e a volte amara sono due marker inconfondibili del territorio vulcanico, insieme ad accenni di catrame, frutti rossi, radici e geranio. Altro vitigno antico e pian piano riscoperto, è la Catalanesca, di indubbia origine spagnola. A partire da secondo dopoguerra, e fino al 2011, era utilizzata come uva da tavola, presentando acini grandi e una buccia spessa. Se ne sono poi scoperte le interessanti caratteristiche del profilo aromatico più complesso del Caprettone, (uva più neutra e dalla inferiore acidità) con tocchi esotici, maturi e una rotondità gradevole al palato, oltre ad avere un potenziale di invecchiamento maggiore rispetto al precedente.
La degustazione ha avuto come oggetto 14 vini attualmente in commercio, tutti tra annate 2021 e 2022, tra cui 2 IGP autoctoni come Caprettone e Catalanesca del Monte Somma, 4 Lacryma Christi del Vesuvio bianchi, 2 Vesuvio DOP rosati, 2 Vesuvio DOP Piedirosso e 4 Lacryma Christi rossi (questi ultimi 4 dalla 2018 alla 2021).
Ne è emersa una considerazione unanime tra tutti i presenti: il territorio si esprime al meglio nelle versioni in blend piuttosto che in purezza. I rosati sono apparsi un po’ fuori fuoco, ancora incompiuti. Va considerato che il territorio vulcanico del Vesuvio contiene una quantità abnorme di potassio che in vinificazione si lega all’ossigeno, bruciando la solforosa e aumentando il rischio di ossidazione. Mediamente qui si trovano 1800 milligrammi di potassio quando la media nazionale si aggira intorno ai 300/350 mg. Per ovviare a questa problematica, si ricorre al sovescio e inerbimento che aiutano il terreno ad assimilare il potassio, distribuendone meno ai frutti, anche attraverso un importante apparato fogliare che si sviluppa anche in altezza. Attraverso questa procedura, si è riusciti a ridurne la quantità a circa 800 mg.
Il Consorzio Tutela Vini Vesuvio DOP vede alla sua guida il dinamico e appassionato presidente Ciro Giordano, titolare di Cantine Olivella, che porta avanti la denominazione con grande coesione e spirito di gruppo da parte di tutte le aziende consorziate. La strada è quella giusta, l’unione fa la forza e i risultati sempre migliori, non tarderanno ad arrivare se si lavorerà tutti per lo stesso comune obiettivo.
Il Vesuvio DOP ha partecipato e promosso, insieme ad altri consorzi campani, la seconda edizione di Campania Winenei giorni 11-12 giugno, sulla quale Giordano ha commentato:
“Il territorio del Vesuvio partecipa a Campania.Wine con grande entusiasmo. L’evento vuole dare una rappresentazione unitaria del settore vitivinicolo campano nel quale ciascuna espressione territoriale ha la possibilità di valorizzare le proprie caratteristiche e le proprie specificità di fronte ad una platea composta da winelovers, giornalisti, influencer e addetti ai lavori. È un momento magico per Napoli e per la Campania ed è bello celebrare le nostre eccellenze in una vetrina bellissima come quella rappresentata dalla Galleria Umberto I di Napoli, la città oggi più amata al mondo, meta turistica più richiesta in Italia. A questo si aggiunge la parte di approfondimento con laboratori e masterclass nel corso dei quali si potranno approfondire aspetti qualitativi e tecnici per poter conoscere meglio le nostre denominazioni. Importante sottolineare la coesione del comparto a livello regionale perché è da questa univocità di visioni che nascono grandi cose, quelle alle quali lavoriamo con impegno e dedizione per la Campania del vino” ha concluso il presidente.
Per il Consorzio Tutela Vini Vesuvio hanno partecipato a Campania.Wine le cantine Bosco de’ Medici, Cantina del Vesuvio, Cantina Tizzano srl, Cantine Olivella, Casa Setaro, De Angelis 1930, De Falco Vini, Enodelta, Fioravante Romano Vini, Fuocomuorto, Masseria dello Sbirro, Montesommavesuvio, Sorrentino Vini, Tenuta Augustea, Tenuta La Mura, Tenuta Le Lune del Vesuvio e Villa Dora
Una risposta