Il Timorasso si svela a stampa, pubblico e operatori in un’anteprima di due giorni a Tortona
Ospiti del Museo delle Macchine Agricole Orsi a Tortona, hanno partecipato, stampa prima, operatori e pubblico poi, alla seconda edizione di DerthonaDue.zero, la presentazione in anteprima dell’annata 2020 del Timorasso, nei giorni del 1 e 2 aprile.
“C’era grande attesa ed emozione per questa edizione di Derthona Due.Zero – ha commentato Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi.
Per la prima volta si è svolta anche un’anteprima della nuova annata dei vini Timorasso, un banco di prova molto importante per i produttori. L’interesse nei confronti di questo vitigno è sempre molto alto e testimonia il grande lavoro che tutti i produttori stanno facendo per far emergere i tratti distintivi di un vino che mostra carattere e complessità, soprattutto con il passare del tempo, come i grandi vini bianchi del mondo. Dopo due anni di assenza, siamo finalmente tortati in presenza e oltre ad operatori del settore e wine lovers ci hanno raggiunto qui a Tortona anche tanti giornalisti con i quali abbiamo avuto il piacere di confrontarci” ha concluso il Presidente.
La giornata di venerdì 1 aprile si è aperta con la degustazione delle nuove annate in una sala riservata alla stampa, con servizio curato dai sommelier di AIS Piemonte. 32 campioni (compresi alcuni ancora da vasca) degustati alla cieca (per mia scelta) da cui è emerso un coerente ed omogeneo valore qualitativo dei vini presentati, con un generale livello di assaggi molto buono. La 2020 è stata una stagione caratterizzata da un’estate equilibrata e da un settembre estivo; buone le precipitazioni durante tutto il periodo, mai eccessive, aspetto che ha contribuito a non compromettere la qualità dell’uva portata in cantina.
L’anima del Timorasso si ritrova in ogni assaggio dell’anteprima, delineata dalle note floreali fresche e agrumate, sorrette da una generosa acidità e una spiccata sapidità marina, salmastra, regalata dall’origine dei terreni su cui cresce il Timorasso. Il colore luminoso – spesso dorato – inebria il degustatore già dal primo colpo d’occhio.
Tutti d’accordo sull’alto livello qualitativo dei vini degustati di questa anteprima, con punte di eccellenza, come per esempio, Giacomo Boveri con il suo Lacrime del Bricco, che ricorda gli agrumi (caramella e olio essenziale al limone) erbe mediterranee intense, sorso lungo, salato, dalla freschezza infinita come la sua persistenza salmastra.
Altri grandi assaggi, tra i più, come detto, tra anteprima e banchi di degustazione, sono arrivati da Canevaro Luca dalla beva cremosa, scattante e infinito, già con qualche lieve accenno terziario in lontananza ad arricchire senza appesantire il giovane vino.
Paolo Poggio, con la sua nota affumicata in chiusura, preceduta da fresca salinità e macchia mediterranea, un campione oggi, chissà tra 4-5 anni!
La Colombera di Elisa Semino, fiori e salmastro, sorso lungo e tanto accogliente, morbidezza e slancio, raffinato.
Un plauso ai prodottori per aver portato in degustazione ai banchi di assaggio bottiglie di differenti annate – alcune anche con 10/15 anni e più sulle spalle – per far capire l’evoluzione e la complessità che il Timorasso regala già con 3-4 anni di bottiglia.
Grazie anche a Simone Chiesa di Claudio Mariotto per l’ampia selezione e proposta, facendo degustare Timorasso fino all’annata 2002: quando un vino ha ancora tanto da dire e ogni annata parla una propria lingua, ma comune alla sua origine.
Interessante anche la degustazione del 2 aprile al mattino (eccezion fatta per un’ultima bottiglia difettata – la seconda di due servite – e non sostituita se non assaggiando un “avanzo” della prima) analizzando diverse annate di Timorasso e le differenti chiusure con tappi di sughero monopezzo, agglomerato (DIAM), Nomacorc Select Green 100, 300, 500 e Riserva, Vite Wak e Vite Tav. Da un’analisi effettuata da Matteo Poggio (figlio del produttore Paolo Poggio) sulla shelf life ed eveoluzione del Timorasso con le differenti tappature, emerge che i tappi Nomacorc 300 e 500 sono più adatti alle bottiglie con un’evoluzione più precoce (circa 12 mesi di affinamento).
La degustazione ha visto protagonisti 6 Timorasso:
2020 Pomodolce – godibilissima oggi, bella la prospettiva di invecchiamento
2018 Luca Canevaro – elegante e preciso, minerale e sapido
2016 Giacomo Boveri – si cambia registro, si sente l’evoluzione. Complessità e finezza dirompenti
2016 La Colombera – volume e dinamicità, cremoso e freschissimo
2014 Ezio Poggio – ricco di terziari nel frutto candito e note affumicate. Elegantemente complesso
2011 Walter Massa Montecitorio – purtroppo ossidato, ma se ne conosco le magnificienze, per cui nessun problema
Dai dati ufficiali forniti dal Consorzio Tutela Colli Tortonesi, di cui riporto un breve passo, il Timorasso è un vitigno autoctono a bacca bianca coltivato nel comprensorio del tortonese sin dal Medioevo. Se ne hanno notizie già dalla prima “enciclopedia agraria” del XIV secolo.
Nel corso dei secoli conferma le proprie attitudini tanto da divenire il più importante vitigno bianco piemontese relativamente alla superficie vitata e alle quantità prodotte. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, in concomitanza del boom economico e il conseguente abbandono delle campagne, inizia un declino in termini di superficie coltivata che prosegue fino agli anni 90 quando l’impegno di un gruppo di giovani vignaioli tortonesi – Walter Massa in primis, insieme a Paolo Poggio e Andrea Mutti – ne riscopre l’antica tradizione e intraprende la strada del rilancio.
Le colline che scendono lungo sei valli: Scrivia, Curone, Ossona, Grue, Borbera Spinti e hanno per lo più terreni argillosi e compatti, costituiti da antichi depositi marini. Sono marne azzurre e il terreno, detto del periodo “Tortoniano”, è lo stesso della dorsale che da Barolo arriva fino alla Toscana. (Ne avevo già accennato qui) L’era geologica del terreno, il clima caratterizzato da inverni freddi, le precipitazioni distribuite durante tutto il corso dell’anno e le forti escursioni termiche durante il periodo di maturazione dell’uva contribuiscono a conferire ai vini dei “Colli Tortonesi” DOC una distinzione e un carattere atipico che ritroviamo nel calice.
Il Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi
Il Consorzio attua un processo di rilancio, valorizzazione e miglioramento del territorio, della produzione vitivinicola locale e di diffusione della Denominazione di Origine, è impegnato nel coordinamento dei soci per gli adempimenti relativi all’applicazione del disciplinare di produzione, nella tutela e vigilanza della denominazione.
I Soci sono attualmente 76, compresa la Cantina Sociale di Tortona che rappresenta a sua volta più di 160 produttori. Nello specifico del Timorasso, sono 63 vignaioli (fino al 2006 erano una manciata…) per una superficie vitata pari a oltre 300 ettari (non ancora tutti in produzione perchè in parte costituiti da nuovi impianti).
Il Consorzio rappresenta oggi il 98 % della produzione di uva totale del comprensorio.
Progetto Sottozona Derthona
A gennaio del 2020 è stata ufficialmente presentata la sottozona Derthona, che in questo momento è in fase di approvazione, in attesa di concludere il suo iter per poter essere inclusa all’interno del disciplinare di produzione della Doc Colli Tortonesi. Il nome “Derthona”, antico nome della città di Tortona ai tempi dei Romani, ha come obiettivo quello di unificare il territorio, il vino e il vitigno Timorasso, diventato il simbolo del Rinascimento dei Colli Tortonesi. La strada intrapresa dal Consorzio è, infatti, quella di promuovere e salvaguardare i vini del territorio identificandoli non più con l’omonimo vitigno, ma con il territorio di provenienza.
Sono molte le novità che saranno presenti nella nuova futura sottozona, a partire dall’aver introdotto un’altitudine minima differente per la coltivazione del Timorasso all’interno dei vigneti dei Comuni presenti nel disciplinare.
Saranno tre le tipologie presenti in commercio: Piccolo Derthona, Derthona e Derthona Riserva. Per quest’ultima tipologia, l’invecchiamento richiesto è di 10 mesi minimo a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve.
Due, tra quelle essenziali, le caratteristiche che deve avere il risultato in bottiglia:
- Resa in uva max 75 quintali per ettaro (ma siamo ben al di sotto in tante cantine del territorio)
- Densità di impianto minimo 4000 ceppi per ettaro
Da non sottovalutare, vista la sensibilità al rispetto dell’ambiente che si ritrova in tanti produttori, è il limite della bottiglia da 0,75 che non può superare i 600 grammi di peso.